
C’eravamo anche Daniela ed io quella sera incredibile al KKL di Lucerna. Un’esperienza indimenticabile, struggente, stravolgente, di quelle che ti entrano sotto la pelle e che non ti abbandonano più, emozioni che non riesci a governare e a capire, che ti scavano dentro fino nel più profondo dell’ anima. Riccardo Chailly era appena stato scelto dal Lucerne Festival per diventare il successore del compianto Claudio Abbado. Fui contento di quella scelta perché ho sempre amato il suo modo di dirigere. E questo sin dalla prima volta che lo vidi, tanti anni fa (nella Chiesa di San Francesco), alla testa dell’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam con la quale confezionò un’esecuzione molto coinvolgente della Sinfonia n. 5 Anton Bruckner): seduto un metro dietro di lui potevo percepire il suo magnetismo tangibile e coinvolgente, il suo carisma, la sua empatia, la sua capacità di comunicare all’orchestra ciò che voleva da lei. Non ho mai nascosto che, qualora fossi diventato un direttore d’orchestra, avrei voluto sicuramente dirigere come Chailly, giacché lo stile compassato, elegante e misurato di Abbado (che per altro adoro) non mi si addice troppo. A Lucerna il Maestro milanese venne prima di tutto chiamato per completare il ciclo mahleriano che Abbado aveva dovuto lasciare incompiuto: mancava la monumentale Sinfonia n. 8 che forse, in considerazione del suo stato di salute, era diventata per Abbado forse troppo dispendiosa a livello energetico. La musica parla da sola e ogni parola diventa superflua.