
Questa perla, che ho inserito nella mia bacheca ideale, è sicuramente la chiave di volta, l’apice, l’acme di quel capolavoro straordinario che è il “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart. Sto parlando ovviamente della scena finale che mi sconvolse sin dai primi ascolti: la statua, accettando l’invito beffardo del “Dissoluto”, si presenta a cena, facendo rapidamente assurgere il convivio allo status di vero e proprio processo soprannaturale.
Uno scontro poderoso, ultraterreno, pieno di effetti speciali, dove ad un certo punto Mozart, in una sorta di vaticinio stralunato, si serve addirittura di una sequenza dodecafonica (per dirla in modo semplice: usa una scala musicale che comparirà ai primi del ’900) duecento anni prima che venisse inventata. In un crescendo drammatico da brividi, la statua enuncia le sue sentenze, con sequenze melodicamente e ritmicamente statiche (come scolpite nella roccia), mentre Don Giovanni risponde con frasi accorate e piene di umanità. Giunto al momento della scelta suprema – pentirsi o perire – Don Giovanni accetta con estrema coerenza il suo destino e l’inevitabile condanna. Così, in un finale spettacolare ed letteralmente infuocato, viene ghermito dai demoni e trascinato all’inferno.
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