
Keith Emerson, fu uno dei consulenti fondamentali per Robert Moog che gli conferì lo statuto di vero e proprio testimonial e padrino della sua creatura, mettendogli a disposizione uno dei prototipi più mastodontici e spettacolari mai realizzati. Emerson, da par suo, contribuì in modo determinante allo sviluppo dello strumento (sia dal profilo artistico che da quello commerciale), conferendogli una dimensione sinfonica e trasformandolo in uno strumento versatile ancorché spettacolare.
Personaggio geniale, istrionico, egocentrico, eclettico e incontenibile, Keith Emerson resta di gran lunga il più imprendibile fra tutti i tastieristi della storia del rock (non per niente qualcuno ebbe a definirlo il Jimy Hendrix delle tastiere). Dotato di una tecnica stupefacente (era pianista concertista) e di una personalità debordante e divergente, Emerson poteva palesare comportamenti mono-maniacali, autodistruttivi e al limite della follia psicotica. Nei primi anni di attività degli “Emerson Lake & Palmer” (ma già prima con i “Nice”) la sua smania di sperimentazione lo elevò a vette e creative inaudite che lo indussero a portare le sue mani a lambire limiti fisici assoluti, irraggiungibili per un essere umano. Proprio per questo o forse per l’oscura trama di un destino beffardo e meschino, verso la fine degli anni 80, all’apice della sua carriera, la mano destra di Keith cominciò ad accusare problemi motori che, in un primo momento, vennero attribuiti ad una forma di distonia focale che i medici tentarono di curare con delle iniezioni di botulino.
Fu l’inizio di un frustrante calvario che vide Emerson combattere con il fantasma di se stesso cercando di elaborarestrategie e diteggiature improbabili che gli permettessero, in qualche modo, di nascondere le sue difficoltà (parecchisono i filmati che testimoniano i disturbi motori della mano destra). C’è addirittura chi narra che momenti più drammatici fu costretto a farsi aiutare da due colleghi che, nascosti dietro le quinte, mettevano le mani laddove le sue non erano più grado di arrivare. Ma questo è poco importante e non scalfisce certo la dimensione della sua grandezza (semmai accentua la drammaticità dell’epilogo).
Con l’andare del tempo le condizioni della mano peggiorarono sino alla fatale diagnosi di una grave malattia degenerativa. L’angoscia di dover ripartire in tour consapevole delle aspettative che il pubblico aveva nei suoi confronti lo gettò in uno stato di profonda depressione che lo indusse a togliersi la vita con un colpo di arma da fuoco l’11 marzo 2016.
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